La creatività è una forza interiore che trasforma ciò che esiste in qualcosa che non c’era prima. È immaginazione che prende forma, intuizione che si fa gesto, pensiero che diventa materia. Non è solo l’abilità di inventare o disegnare: è un modo di vedere il mondo — più aperto, più profondo, più libero.
La creatività è nascita
La creatività è come un seme che trova terreno fertile nell’attenzione, nella curiosità, nel dubbio. Nasce spesso dal silenzio, dalla noia, persino dal disagio. È un atto fragile e potente insieme: creare significa esporsi, tentare, fallire, ritentare. Non segue regole fisse, ma le rompe per trovarne di nuove.

La creatività è espressione
Che si tratti di confezionare una scarpa, cucire un abito, scrivere una poesia, costruire una sedia o cucinare un piatto, la creatività è sempre comunicazione. È un linguaggio non verbale che parla di chi siamo, di cosa sentiamo, di cosa sogniamo. E in ogni gesto creativo c’è un frammento della nostra unicità.

La creatività è connessione
Non si crea dal nulla: la creatività collega elementi già esistenti in modi inediti. È l’incontro tra passato e presente, tra memoria e desiderio, tra tradizione e innovazione. L’artista, l’artigiano, lo stilista, il designer… sono tutti traduttori di intuizioni in forme visibili e condivisibili.
La creatività È resistenza
In un mondo che spinge verso l’omologazione, la creatività è un atto di resistenza personale e culturale. Significa dire “no” al già visto, al già detto, al già fatto. È affermare che c’è ancora spazio per l’inedito, per il dettaglio che emoziona, per il bello che non urla ma resta. La creatività è l’anima che si manifesta nelle mani, negli occhi, nelle idee. È ciò che ci rende umani, liberi, vivi.
Queste mie poche righe non vogliono essere solo una riflessione sulla crisi dell’industria della moda: è un grido d’allarme, un invito alla consapevolezza, e anche un atto d’amore nei confronti di una cultura che rischia di scomparire sotto il peso del consumo rapido e dell’omologazione.
Una crisi che va oltre l’economia
Siamo abituati a leggere della crisi della moda in termini di numeri: vendite in calo, negozi che chiudono, marchi che si accorpano. Ma qui si parla di una crisi più silenziosa e profonda, che tocca il cuore stesso della moda italiana: la crisi della creatività. Non si tratta solo di mancanza di originalità nei vestiti, ma della perdita di un racconto culturale. Quello che nasceva da un gesto, da una stoffa scelta con cura, da un bottone cucito a mano, da un taglio fatto con maestria. La moda, fino a pochi anni fa, era linguaggio, identità, narrazione. Oggi è spesso ridotta a contenuto virale o, peggio, a merce a scadenza rapida.
L’impero del “sicuro” e il declino del “coraggioso”
L’ossessione per la vendita rapida ha portato alla morte dell’azzardo estetico. I manager preferiscono i prodotti “sicuri”, cioè quelli che non disturbano, che non rischiano. Tonalità neutre, tagli standard, prodotti pensati per piacere a tutti e non appassionare nessuno. È l’appiattimento dell’immaginario, il trionfo dell’algoritmo sul pensiero creativo.
Artigianato: un patrimonio in via d’estinzione
Mentre le vetrine si riempiono di plastica a basso costo, le saracinesche delle botteghe storiche italiane si abbassano. Non perché non abbiano valore, ma perché quel valore non è più riconosciuto. Chi sceglie la qualità oggi è una minoranza, una nicchia che spesso va controcorrente. Il Made in Italy, un tempo fiore all’occhiello, oggi arranca contro i colossi dell’e-commerce e del fast fashion, che vendono sogni a buon mercato ma svuotati di ogni significato.
Moda social: l’imitazione ha sostituito l’identità
La colpa non è solo del mercato, ma anche di una cultura che ha smesso di educare al bello. Oggi si compra per assomigliare a un modello visto su TikTok, non per esprimere se stessi. La moda è diventata imitazione di massa, e il consumatore è sempre più passivo, influenzabile, sradicato. Ma una società che non sa più riconoscere la bellezza di una cucitura fatta bene è una società che ha smarrito il senso del tempo, della pazienza, della cura.
La creatività resiste. Ma è fragile
Nonostante tutto, la creatività non è morta. Vive nelle mani degli artigiani, negli studi dei designer indipendenti, in chi continua a scegliere con coscienza, a produrre localmente, a rifiutare le scorciatoie del mercato. Ma ha bisogno di tempo, attenzione, rispetto: tre risorse oggi rarissime.
Sostenere questi artigiani, scegliere un prodotto fatto bene, non è solo una scelta estetica o etica: è un atto politico. Un modo per dire no alla superficialità e sì alla memoria, all’identità, alla bellezza autentica.
Riscoprire il valore delle cose fatte bene
Vi esorto a riscoprire il rispetto per le cose fatte con cura. Come facevano le nostre nonne, che non buttavano nulla, ma adattavano, riparavano, tramandavano. Oggi possiamo tornare a quel gesto, consapevolmente. Una scarpa in pelle fatta a mano non è solo un oggetto bello: è una compagna di viaggio, un pezzo di storia, un frammento di cultura da indossare.
Il vero stile non è usa e getta. Scegli Made in Italy.
Questo non è solo uno slogan, ma una verità da custodire: il vero stile è fatto per durare, non per essere cambiato ogni settimana Il Made in Italy non è una moda., ma un patrimonio. E sostenerlo è una forma di resistenza dolce, ma potentissima.
C’erano tempi – e non sono così lontani – in cui la nonna adattava i vestiti del nipote più grande per il nipote di mezzo, e poi ancora per il più piccolo. Non si buttava nulla, perché ogni capo aveva un valore, ogni cucitura raccontava una storia. Si sceglievano materiali buoni, fatti per durare, e ogni passaggio era un atto d’amore.

Oggi possiamo riscoprire quel rispetto per le cose fatte bene. Scarpe che non sono solo belle, ma fatte per accompagnarti a lungo, comode, eleganti, vere. Su www.stefaniaganassini.com trovi scarpe in vera pelle, con fodera e tomaia in pelle, realizzate con cura da fornitori italiani.
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